Internet i Social e la democrazia, il caso Trump
I Social che hanno oscurato gli account dell’ex Presidente è stata oggetto di grande discussione sulla rete anche da parte degli addetti al lavoro.
Internet ed i Social, considerati strumenti di democrazia e libertà, accusati, da più parti, di essere divenuti censori di idee, distruttori di idee e valori.
Intanto bisogna fare un grande distinguo:
- Internet è la “rete”, un’interconnessione globale sostanzialmente gratuita e libera (al di la dei costi di connessione). Su internet privati ed aziende possono avere un proprio sito web (Google è il più utilizzato), un e-commerce, un forum, un social network e altre forme di telecomunicazione;
- I Social sono solo una parte, anche se numericamente importante, e sono regolamentati e gestiti da aziende private.
E’ il caso di ricordare che nell’ottobre del 2015, con un documento ufficiale, è nata la Netiquette una serie di regole riconosciute dai Netizen (i cittadini di internet), sui comportamenti da tenere su internet.
Regole di galateo informatico ma non solo, che nel tempo si sono evolute, ed includono ingiuria o diffamazione, intolleranza, razzismo, sessismo, omofobia, violazione della privacy e del copyright, l’apologia di certe idee politiche e l’incitamento alla violenza in qualsiasi modo e forma.
Se da un lato può essere vero che non tutte le “regole” della Netiquette abbiano poi riscontri in una legge nazionale, la maggioranza ne hanno (vd. Privacy e GPDR) anche negli USA.
Tutti i Social Network come Facebook o Twitter hanno, sono aziende private, i loro regolamenti, la loro Netiquette. Cosi come nei gruppi Facebook gli amministratori stabiliscono delle regole e se un utente del gruppo le viola, può essere segnalato, sospeso o bannato (escluso dal gruppo, chat, forum) senza venir accusato di censura ed antidemocrazia.
Molto spesso gli utenti, anche i professionisti del settore, non leggono gli “Standard e le regole che regolano una Community“, qui ad esempio le regole di Facebook, proprio in tema, su Violenza ed istigazione alla violenza.

Dall’editoriale di Mirko Pallera su NinjaMarketing
Alcuni spunti mi sono venuti dopo aver letto un editoriale di Mirko Pallera di NinjaMarketing: “Perché le idee non sono reati, e se accettiamo di oscurarle, abbiamo distrutto per sempre i nostri valori, quelli su cui si fondano le basi della nostra civiltà e della convivenza democratica.
La storia
Dopo i fatti di Capital Hill e le decisioni dei vari Social di bloccare e poi chiudere gli account di Trump, nel mondo si sono creati due schieramenti: coloro che ritengono che sia stata violata la democrazia e coloro per cui democrazia è la corretta censura di colui che ha chiaramente istigato l’attacco negli USA concluso inoltre con quattro vittime.
Il mondo intero ha condannato i fatti di Capital Hill ed anche l’Europa (voto contrario di Fratelli d’Italia e astensione della Lega) si è unita alla voce di tutti i paesi nel denunciare la palese responsabilità di Trump nell’istigazione alla violenza che ha poi portato all’assalto.
Il 7 gennaio 2020 Mark Zukenberg, che ha sempre trattato Trump con guanti di velluto (a dir poco), così spiega il motivo di Facebook per l’oscuramento del suo profilo.
“Riteniamo che i rischi di consentire al Presidente di continuare a utilizzare il nostro servizio in questo periodo siano semplicemente troppo grandi. Pertanto, estendiamo il blocco che abbiamo inserito sui suoi account Facebook e Instagram a tempo indeterminato e per almeno due settimane fino al completamento della transizione pacifica del potere.”
L’8 gennaio 2020 Twitter, il primo social a sospendere l’account di Trump per 12 ore dopo l’attacco, rende permanente la sospensione @realDonaldTrump “abbiamo sospeso definitivamente l’account per rischio di ulteriore incitamento alla violenza“. Nell’articolo i motivi della chiusura e l’analisi dei Tweet che sono stati cancellati, Twitter è sempre stato molto attento e proattivo come riportato in una pagina di Wikipedia “Twitter suspension” ove sono indicate quelle più eclatanti.
“Twitter può sospendere gli account, temporaneamente o permanentemente, dal proprio servizio di social network. Le sospensioni di persone di alto profilo da Twitter sono insolite e spesso attirano l’attenzione dei media quando si verificano. Ci sono state campagne concertate da parte di Twitter per chiudere le organizzazioni e gli account terroristici che promuovono azioni terroristiche, come quelli che promuovono lo Stato islamico dell’Iraq e del Levanto (ISIL), in particolare a metà degli anni 2010, e per rimuovere i teorici della cospirazione di QAnon dal 2020. L’uso delle sospensioni da parte di Twitter è stato controverso.”
Gli account di Trump sono stati sospesi, in modi diversi, da Twitch (Twiitch TV è una piattaforma di live streaming di Amazon ed è il leader nel settore dei videogiochi con 15 milioni di utenti giornalieri) e Snapchat. Altre piattaforme hanno bloccato i contenuti di supporto alla campagna di Trump o alle iniziative #StormTheCapitol e #StopTheSteal, e a QAnon come hashtag, thread, shop o raccolte fondi. In questo caso parliamo di Twitter, Facebook, Instagram, Reddit, Shopify, YouTube, TikTok, Discord, Pinterest, Stripe e OKTA.
Parler, in particolare, ha raccolto la prima ondata (tra i nuovi iscritti, spiccava anche il nome di Matteo Salvini) ed è stata quasi immediatamente oggetto di censura da Apple, Google, Amazon AWS e Twilio.
Quest’ondata è stata definita “deplatforming“, e ha generato non poche polemiche. Ciò su cui si dibatte al momento, è se tocchi alle piattaforme o al legislatore moderare queste voci, tanto in America quanto in Europa, dove gli esponenti di alcuni governi, pur condannando gli eventi del 6 Gennaio, si sono detti preoccupati dall’ondata di censura. Una materia tanto urgente quanto complessa.
A supporto della decisione delle piattaforme, si può dire che le policy in vigore già vietavano la tipologia di conversazioni presenti sugli account censurati (discorsi d’odio o razzisti), cosa che rende semmai tardive le sanzioni intraprese in questi giorni. Oltre a questo, è proprio la legge, più in generale, a garantire l’indipendenza delle piattaforme nella scelta di cosa pubblicare e a vietare organizzazioni che abbiano come scopo il sovvertimento dell’ordine pubblico o della democrazia.
L’urgenza di azioni concrete è confermata anche dalle recenti azioni di Facebook, che ha recentemente costituito l’’Oversight Board, Corte Suprema di Facebook. Si tratta di una commissione di sorveglianza esterna, che valuterà i contenuti presenti in piattaforma. Tra i membri della commissione un ex primo ministro (la danese Helle Thorning-Schmidt), un premio Nobel per la pace (Tawakkul Karman) e l’editor del The Guardian, che ha supervisionato la pubblicazione dei leak di Snowden (Alan Rusbridger). I membri avranno il compito di prendere decisioni definitive e vincolanti su quali contenuti potranno essere consentiti o rimossi da Facebook e Instagram, ispirandosi alle leggi in materia di tutela della libertà di espressione e dei diritti umani.
Il nostro obiettivo si è concentrato sulla creazione di un’istituzione che non riguardasse solo la reazione a un singolo movimento o l’inseguimento di uno specifico ciclo di notizie, ma la protezione dei diritti umani e della libertà di espressione a lungo termine”.
Thomas Hughes, direttore amministrativo
Fonti: TechCrunch, Axios, SocialMediaToday, TechCrunch, SocialMediaToday
Fonte WeAreSocial
L’opinione
La questione della censura o comunque delle azioni di controllo esercitate sui Social Network è un aspetto sociale che si dipana negli anni e che ha sempre fomentato discussioni tra gli utenti, filosofi e politica. Nella stessa maniera ha riguardato la censura sul web e sull’informazione esercitata da governi totalitaristi in alcuni paesi come la Cina solo per citarne uno.
Il caso della censura di Trump, diventato eclatante perché Presidente al tempo in carica, è una questione politica e come tale ha trovato favorevoli e contrari. I precedenti tweet censurati da Twitter non hanno avuto questa eco mondiale.
Il fulcro della questione alla fine deve rientrare nel concetto e nei valori di democrazia intesa come “dritto alla libertà di pensiero”.
Non è una violazione della democrazia o della libertà di pensiero sospendere, bannare o chiudere un account od un sito web che incita alla violenza indipendentemente da chi ne sia il fautore, un presidente, un gruppo neonazista o Jihādista od un gruppo di heaters (fomentatori di odio).
La vigilanza e la censura su quanto circola in rete, sul web e sui Social (vd. Faxe News sul Covid-19, il negazionismo, ecc.) è assolutamente necessaria e andrebbe regolamentata in maniera più stretta, senza che per questo debba essere considerata “violazione della democrazia”. per tutte le palesi violazioni come ingiuria o diffamazione, intolleranza, razzismo, sessismo, omofobia, violazione della privacy e del copyright, l’apologia di certe idee politiche e l’incitamento alla violenza in qualsiasi modo e forma.
Arnoldo Frigessi
Fondatore @WebMkItalia